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Peggy Guggenheim, l’ultima dogaressa di Venezia

Nel corso della sua storia, il Ristorante Principessa ha aperto le sue porte a milioni di ospiti provenienti da tutto il mondo. È una pietra miliare di Venezia, con molti anni sulle spalle e molte esperienze da raccontare.

Una delle prime testimonianze della sua esistenza risale infatti a ben due secoli fa. Si tratta di una cartolina in bianco e nero di fine 1800 e, già all’epoca, il nostro Ristorante era noto per la sua grande terrazza vista laguna in Riva degli Schiavoni.

In quest’articolo vogliamo fare un tuffo nel passato e ricordare un personaggio che è stato nostro ospite nel 1948.

Di chi si tratta? Stiamo parlando della mecenate d’arte più famosa della storia, colei che è stata soprannominata l’ultima dogaressa di Venezia.

La “Nostra“ Peggy Guggenheim

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Proprio così, il Principessa ha avuto l’onore di accogliere uno dei personaggi di spicco nel panorama mondiale del secolo scorso: l’iconica Peggy Guggenheim che nel giugno del 1948 soggiornò a Venezia in occasione della XXIV° Biennale d’ Arte in cui partecipò con una propria esposizione all’interno del Padiglione Greco.

Durante la sua permanenza nella città lagunare, Peggy si concesse una pausa dalla frenesia dei preparativi proprio nel nostro Ristorante Principessa gustandosi una tazza di tè in Riva degli Schiavoni.

La Biennale 1948

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La sua esposizione alla XXIV° Biennale d’Arte è stata un vero e proprio evento epocale. Fu una collezione non figurativa mai vista prima in Italia – con opere di Mondrian, Brancusi, Kandinsky, Ernst e Giacometti – allestita nel Padiglione della Grecia, allora dilaniata dalla guerra civile.

Come scritto da Vittorio Carrain, segretario della Collezione Peggy Guggenheim dal 1948 al 1952, la Biennale del 1948 fu “come stappare una bottiglia di Champagne, un’esplosione d’arte moderna dopo il tentativo del Nazismo di ucciderla”.

Infatti, non solo fu la prima esposizione di un’esauriente collezione di arte moderna in Italia dopo due decenni di regime dittatoriale, ma anche la prima presentazione della sua collezione in Europa al termine della Seconda guerra mondiale.

Il mio padiglione venne allestito da [Carlo] Scarpa, l’architetto più moderno di Venezia. […] La mia mostra ebbe una risonanza enorme e il padiglione divenne uno dei più popolari della Biennale.

Peggy Guggenheim, Una vita per l’arte, Rizzoli, Milano 1982

Il grande amore per Venezia

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Chi meglio di Peggy Guggenheim può raccontare il suo grande amore per Venezia, una città considerata surrealista. Surrealismo come evasione malinconica e nostalgica.

Appartengo a Venezia, Venezia, la mia grande immensa passione, il mio grande amore. Mi son innamorata di Venezia quando sono venuta qui la prima volta, dopo di allora non l’ho più dimenticata. Ho sempre desiderato ritornare e venirci a vivere.

Peggy Guggenheim, documentario del 1971

Impiegò tre anni per scegliere la casa in cui vivere: cercava, infatti, una dimora con giardino che fosse adatta sia per i quadri che per i suoi amati cani. La scelta ricadde alla fine sul Palazzo Venier dei Leoni, conosciuto come il palazzo incompiuto.

La sua casa veneziana fu centro di riferimento per scrittori e artisti, luogo accogliente e mondano dove promuovere talenti emergenti. Nel 1951 decise di aprirla al pubblico diventando la sede di quella che tutti noi conosciamo oggi come The Peggy Guggenheim Collection.

L’importanza della sua figura era innegabile tanto che il 5 febbraio del 1962 diventò Cittadina Onoraria di Venezia, mentre nel 1967 le fu conferito il titolo di Commendatore della Repubblica italiana.
Ma il regalo più grande che Venezia potesse offrirle lo ricevette nel giorno del suo ottantesimo compleanno, quando le venne dato l’appellativo di “Dogaressa”, come riconoscimento del suo grandissimo lavoro.

Modello di emancipazione femminile

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Dedicò la sua vita all’amore e all’arte, che lei stessa considerava come uno specchio per la sua stravaganza. Peggy è una vera e propria icona intramontabile che si è contraddistinta per:

FORZA  CORAGGIO  PASSIONE

Tre caratteristiche che l’hanno sempre guidata nel corso della sua vita. Ha combattuto per l’affermazione ed emancipazione femminile, rivendicando un proprio ruolo nel mondo culturale – artistico in cui l’uomo era assoluto protagonista.

E riuscì a diventare una collezionista d’arte mai vista prima, mettendo insieme le più grandi opere d’arte della storia moderna. Rischiò perfino di essere rinchiusa in un campo di concentramento perché aiuto alcuni artisti – Tristan Tzara, Paul Eluard, Andre Breton, Jean Arp, Salvador Dalì, Yves Tanguy, Max Ernest, René Grevel e Man Ray – a scappare dall’Europa per mettersi in salvo negli Stati Uniti.

Una donna all’avanguardia che ha saputo rompere gli schemi, come le principesse e grandi donne che hanno ispirato il nome del Ristorante Principessa. Perché forse non lo sai, ma dietro al nostro nome c’è una storia molto interessante, di questo però te ne parleremo nella prossima puntata…

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